Si riaccende il conflitto in Siria. È solo un caso?

Quasi inaspettatamente si è riacceso il conflitto in Siria. Il 27 novembre, l’organizzazione islamista antigovernativa Hayat Tahir Al-Sham (HTS), ascrivibile all’eterogeneo gruppo di “ribelli” siriani in cui sono confluite le sigle del terrorismo islamico, tra cui l’ISIS, insieme al così detto dall'Esercito Nazionale Siriano (SNA), ha sferrato diversi attacchi su diverse città siriane, compresa Aleppo, conquistando vaste aree di territorio. L’esercito siriano regolare registra una certa difficoltà nel respingere gli attacchi e il supporto russo sembra essere del tutto essenziale per cercare di resistere e riconquistare zone occupate. Alquanto interessante la coincidenza dell’inizio dell’offensiva e del riacuirsi del conflitto siriano proprio nello stesso giorno in cui Israele e Libano firmano un cessate il fuoco temporaneo della durata di 60 giorni, seppur evidentemente del tutto fragile. È più che evidente che il fronte siriano sia da comprendersi nel conflitto più ampio che va in scena nel Medio Oriente così come in quello ancor più grande, che a più riprese e da varie importanti personalità, è stato definito “Terza Guerra Mondiale a pezzi”, in cui sono contrapposti NATO e Russia come anche altri paesi parte dell’accordo BRICS.

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Aziendalizzazione e militarizzazione dell’istruzione

Il mercato capitalistico e la disciplina militare fanno da padrone oggigiorno e costituiscono la centralità del costrutto sociale entro cui la scuola è inquadrata e perciò assistiamo all’aziendalizzazione e alla militarizzazione dell’istruzione pubblica, come due compenti di uno stesso fenomeno sociale, come due facce di una medesima medaglia.

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Perché vietare le manifestazioni per la Palestina?

nel divieto di manifestare per il prossimo 5 ottobre in favore della Palestina, c’è qualcosa di più. Infatti non si spiega come uno Stato democratico possa vietare una manifestazione che chiede la fine di un genocidio. Neanche per la mera sudditanza a Washington e al sionismo d’oltre atlantico come anche a quello che si respira in Europa. In scia con la tendenza, la repressione del dissenso operata dal governo Meloni, già portata avanti da altri governi variamente formati, ha lo scopo di spezzare la possibilità della nascita di una nuova stagione di mobilitazioni di massa.

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