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80 anni dopo le due bombe

L’alba del 6 agosto 1945 non fu come le altre per gli abitanti di Hiroshima; ma non lo sarebbe stato per il mondo intero. Alle 8:15 del mattino, un aereo B-29 americano, l’Enola Gay, sganciò un ordigno a cui era stato dato il nome in codice “Little Boy”. Pochi istanti dopo, un bagliore accecante, un calore insopportabile e un’onda d’urto devastante rasero al suolo la maggior parte della città, seguiti da un gigantesco fungo atomico che si levò nel cielo. Il 9 agosto lo stesso scenario si replicò su Nagasaki. Nella prima esplosione morirono all’istante 140.000 persone mentre nella seconda più di 70.000. In pochi istanti, in due giorni distinti, più di 200.000 evaporarono in pochi secondi lasciando solo l’immagine della propria ombra.  

Quando le bombe furono sganciate, la Seconda Guerra Mondiale in Europa era già finita. In Asia, il Giappone, nonostante la disperata resistenza, era strategicamente sconfitto e sull’orlo della resa. La narrazione ufficiale portata avanti dagli Stati Uniti per decenni ha sostenuto che l’uso della bomba fosse l’unica opzione per costringere il Giappone alla resa immediata, evitando una sanguinosa invasione di terra che avrebbe potuto costare centinaia di migliaia di vite americane e giapponesi.

Tuttavia, un’analisi critica degli eventi rivela una realtà più complessa. Molti storici e figure militari di alto rango dell’epoca misero in discussione la necessità di una tale mossa. Il generale Dwight D. Eisenhower, futuro presidente degli Stati Uniti, in seguito dichiarò nelle sue memorie di aver espresso al Segretario alla Guerra la sua grave preoccupazione e che il Giappone era già sconfitto e l’uso della bomba era del tutto superfluo. Inoltre, si ritiene che una delle motivazioni principali per l’attacco fosse di natura geopolitica. L’URSS si stava preparando a entrare in guerra contro il Giappone, e l’esplosione di Hiroshima e, tre giorni dopo, di Nagasaki fu un modo per gli Stati Uniti di dimostrare la propria supremazia militare e tecnologica, inviando un chiaro avvertimento a Stalin sull’imminente equilibrio di potere mondiale. Fu l’atto di apertura della Guerra Fredda.

La decisione degli Stati Uniti di usare l’arma atomica ha avuto conseguenze durature. L’unicità di essere l’unico paese al mondo ad aver commesso un atto del genere ha lasciato un segno indelebile sulla coscienza collettiva. Invece di porre fine alla guerra e inaugurare una pace duratura, le esplosioni di Hiroshima e Nagasaki hanno dato il via a una frenetica e devastante corsa agli armamenti nucleari. In un mondo polarizzato tra USA e URSS, l’unica “pace” possibile si fondò sul principio della “Distruzione Mutua Assicurata” (MAD), una dottrina perversa secondo cui un attacco avrebbe portato alla distruzione reciproca, un equilibrio del terrore basato sulla capacità di annientamento totale.

I numeri dei test nucleari successivi sono la testimonianza di questa paranoia. Al contempo, ambientalmente parlando, ci dicono che una guerra nucleare l’umanità l’ha già combattuta, sebbene le bombe non sia cadute sulle città.  Dal 1945 al 2025, si stima che siano state effettuate oltre 2.056 esplosioni nucleari a livello globale.

Stati Uniti: Hanno condotto oltre 1.032 test nucleari, principalmente nel deserto del Nevada e in vari atolli delle Isole Marshall nel Pacifico.

Unione Sovietica (oggi Russia): Ha effettuato circa 715 test, i cui siti principali si trovavano a Semipalatinsk in Kazakistan e nella remota isola di Novaja Zemlja. 

Francia: Ha condotto oltre 210 test, inizialmente nel deserto algerino e successivamente negli atolli di Mururoa e Fangataufa nella Polinesia Francese.

Regno Unito: 45 test condotti prevalentemente nei siti statunitensi.

Cina: 45 test condotti in zone remote del Paese.

India, Pakistan e Corea del Nord: hanno condotto un numero inferiore di test, circa 6 a testa.

Attualmente, sono 12.331 le testate nucleari nel mondo, detenute da nove paesi. Russia e Stati Uniti possiedono quasi l’88% del totale, con circa 5.000 atomiche a testa. Poi viene la Cina con circa 600, la Francia con quasi 300, Regno Unito 225, India 180, Pakistan 170, Israele 90 e Corea del Nord 50 tesate nucleari.

Oggi, a ottant’anni di distanza, ricordare Hiroshima e Nagasaki non è un mero esercizio di memoria, ma un monito severo. La minaccia nucleare è ancora presente. Le tensioni geopolitiche tra le potenze nucleari e la modernizzazione degli arsenali atomici rischiano di riportarci a una situazione di pericolosa instabilità. L’unica vera eredità che possiamo onorare, in memoria delle decine di migliaia di vittime di Hiroshima e Nagasaki, è l’impegno per un mondo libero da armi nucleari.